Sulla Nota di aggiornamento del Def, in vista della manovra da 37 miliardi, non si torna indietro, nonostante la bocciatura dell’Ufficio parlamentare di bilancio e i punti deboli sottolineati dalla Banca d’Italia. Quanto poi allo spread, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, intervenuto in mattinata in audizione a Montecitorio per la seconda volta dopo lo stop dell’Upb, ha messo in evidenza che «il governo vuole recuperare la fiducia» e «cercherà di fare di tutto» per raggiungere questo obiettivo. «Non possiamo però pensare: non abbiamo fiducia e allora non facciamo manovre di crescita. Nessun governo - ha continuato - può porsi su questo piano».
Nell’audizione di questa mattina Tria ha dunque confermato la linea delineata dai due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che in una nota congiunta diffusa nella serata di martedì hanno annunciato che “indietro non si torna”, ovvero non ci sarà alcuna correzione della strategia delineata. «A seguito della mancata validazione del quadro macro economico programmatico da parte dell’Ufficio parlamentare di bilancio - ha detto il ministro del suo intervento - il Governo ritiene opportuno confermare le previsioni contenute nella NaDef».
E lo spread? «La salita dei rendimenti dei titoli di Stato desta certamente preoccupazione», ha ammesso, salvo poi aggiungere: «Non dobbiamo lasciare che la volatilità di breve termine dei mercati offuschi il nostro giudizio. Non dobbiamo basare il quadro programmatico su scenari al ribasso. Il giudizio degli analisti dell’Ufficio parlamentare di bilancio è basato su stime obsolete o parziali. Di fronte ad aumento spread faremo tutto per recuperare fiducia». Quanto al giudizio dell’Upb,il ministro ha chiarito: «È uno stimolo, non un motivo per abbassare le ambizioni».
Non solo. Rispondendo alle domande dei parlamentari, il responsabile del Tesoro ha ricordato che alcune delle critiche che stanno piovendo sulle scelte del governo Conte hanno carattere strumentale. «Nel 2011 - ha ricordato - cadde il Governo, ci fu una forte polemica e venne accusato per l’obiettivo di pareggio di bilancio, venne chiesto di anticiparlo dal 2014 al 2013. Il Governo accettò e poi cadde. Ora - ha aggiunto Tria - siamo nel 2018 e 5 anni dopo, non per colpa dell’attuale Governo, il deficit è all’1,8 per cento. Voglio dire che c’è una visione distorta e una strumentalità o se non una strumentalità una visione diversa sulla politica economica».
Tria ha difeso “la squadra” dei tecnici del ministero dell’Economia. «Il rispetto istituzionale va in tutte le direzioni - ha affermato -. Le strutture tecniche del Mef non sono meno valide di altre. Le capacità tecniche e i modelli non credo siano inferiori a quelle di altri. Stiamo parlando del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di strutture tecniche che non sono cambiate e che da anni fanno queste cose».
«Ci muoviamo nella cornice dell’Ue, nel 2019 sette miliardi di tagli»
Ci sono poi i rilievi della Commissione europea. Nell’intervento il responsabile dell’Economia ha messo in evidenza che le scelte dell’esecutivo si muovono «nella cornice dell’Ue», che «lo scostamento è cosa prevista», che le coperture della manovra 2019 ci sono. «Ammontano a 15 miliardi di euro, di cui 6,9 miliardi di tagli e 8,1 miliardi di aumenti di entrate - ha spiegato -. Nell’anno successivo le coperture sono di 7,8 miliardi con un importo analogo di tagli e aumenti di entrate pari a 3,9 miliardi, nel 2021 4,7 i miliardi dovuti ai tagli e 5,2 miliardi alle maggiori entrate».
Manovra 2019 da 37 miliardi
L’audizione ha fornito l’occasione per chiarire la portata, sotto il profilo dei numeri, della Legge di Bilancio 2019. La manovra ammonterà a 37 miliardi, secondo i dati forniti dal ministro dell’Economia. Tria ha parlato di 22 miliardi di deficit nel 2019, di 6,9 miliardi di tagli di spesa e di 8,1 miliardi di aumento di entrate. Inoltre ha fornito una tabella dalla quale si evince che queste due ultime voci ammontano ciascuna a 0,4 punti di Pil l’anno prossimo.
+0,6% Pil da manovra, +0,3 reddito-pensioni
Riferendosi alle stime di crescita dell’esecutivo, Tria ha spiegato: «L’impatto sul tasso di variazione del Pil della manovra è di 0,6 punti percentuali nel 2019». Il ministro ha poi “spacchettato” gli effetti delle misure. Nel 2019, ha spiegato, l’Iva (costo 12,5 miliardi) spinge la crescita di 0,2 punti; il reddito di cittadinanza e l’anticipo pensionistico costano 16 miliardi (+0,3 Pil); la flat tax 600 milioni (+0,1 Pil); gli investimenti 3,5 miliardi (+0,2 Pil); incentivi a investimenti e Pubblica amministrazione 1,8 miliardi (+0,1% Pil); spese indifferibili 2,3 miliardi (+0,1). Le coperture (6,9 mld tagli; 8,1 mld entrate) riducono il pil di 0,4 punti.
Flat tax: 600 milioni nel 2019. Salvini: sono di più
Più nel dettaglio, la “flat tax” - stando alle tabelle consegnate da Tria -, vale 4,7 miliardi nel triennio di programmazione della Nota di aggiornamento al Def. Si tratta, come detto, di 600 milioni nel 2019, 1,8 miliardi nel 2020 e 2,3 miliardi nel 2021. Il suo effetto propulsivo sulla crescita però è molto contenuto e raggiunge 0,1 punti solo nel 2021. I numeri delle tabelle sono stati “smentiti” dal vicepremier Matteo Salvini: «No, sono di più di 600 milioni - ha detto - sono 1,7 miliardi, la riduzione fiscale ha un ammontare stimabile di circa 1,7 miliardi».
1,8 mld a incentivi imprese e pubblico impiego
Nel suo intervento Tria ha spiegato che gli incentivi agli investimenti e all’innovazione, insieme agli interventi di spesa per il pubblico impiego, saranno finanziati con 1,8 miliardi nel 2019, un valore che sale a 3,2 miliardi nel 2020 e a 4,1 miliardi nel 2021. Il ministro ha inserito questi interventi in un unico capitoli definito «ulteriori misure espansive».
Il doppio no alla manovra dell’Ufficio di bilancio e di Bankitalia
Il giorno dopo la bocciatura della Nota di aggiornamento del Def, asse portante della prossima manovra economica, da parte dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Tria è dunque tornato a Montecitorio, davanti alle Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato. L’Upb non ha validato le stime di crescita del Pil indicate dal governo nella nota di aggiornamento. Uno stop che è scattato nel pomeriggio di ieri, martedì 9 ottobre, a poche ore dall’audizione del responsabile del Tesoro, che oggi ha dovuto replicare ai rilievi mossi. Un no alla manovra è giunto anche da Bankitalia. Il vice direttore generale Signorini ha messo in evidenza che l’aumento del Prodotto interno lordo poggia su moltiplicatori non scontati.
Le stime «ambiziose» del governo sulla crescita
Il governo M5s-Lega ha scommesso sulla crescita dell’economia italiana: ha fissato l’asticella del Pil all’1,2% già nel 2018, all’1,5% nel 2019 e all’1,6% nel 2020. Nella lettera di presentazione della Nadef alle Camere, lo stesso Tria ha giudicato questa scelta «ambiziosa», riconoscendo il rallentamento dell’economia italiana negli ultimi mesi e i rischi sulla crescita che potrebbero scaturire dal protezionismo e dal termine della politica fiscale espansiva degli Usa. Il 5 ottobre la Commissione europea ha inviato una lettera all’Italia nella quale ha manifestato «una seria preoccupazione» per la «devizione significativa del percorso raccomandato dal Consiglio» dei governi Ue.