La Bce sceglie la linea dura: tassi di interesse su di 75 punti base

La Banca centrale europea sceglie la linea dura: il consiglio direttivo ha deciso di alzare i tassi di interesse di 75 punti base: il tasso di riferimento sale quindi dallo 0,50% all’1,25% e il tasso dei depositi delle banche presso la Bce (per i quali è stato sospeso il sistema two-tier) dallo 0,75% all’1,50%. Questo «passo», ha spiegato il comunicato ufficiale, «assicurerà un tempestivo ritorno dell’inflazione» verso l’obiettivo di medio periodo del due per cento. Solo adesso, aggiunge la Bce, la politica monetaria abbandona la fase caratterizzata da un livello «molto accomodante dei tassi di interesse»: la scelta aggressiva è stata quindi determinata dalla volontà di anticipare la «transizione» verso la fine dello stimolo monetario. La fase di normalizzazione, ha spiegato la presidente Christian Lagarde in conferenza stampa, non è ancora conclusa: la politica monetaria è ancora «espansiva». La decisione di alzare i tassi di 0,75 punti, ha aggiunto, è stata proposta del capo economista Philip Lane ed è stata presa all’unanimità, sia pure dopo un ampio dibattito alimentato da diversità di vedute sulle dimensioni del rialzo. In futuro, la Bce si aspetta di aumentare ancora il costo ufficiale del credito nei prossimi «diversi» meeting («più di due, compreso questo, forse meno di cinque», ha detto Lagarde: saranno tempestivi e di dimensioni adeguate fino a quando si resterà lontani - come ora - dal “tasso terminale”, non identificabile però a priori. I rialzi saranno decisi «contro il rischio di un persistente innalzamento delle aspettative di inflazione», che oggi sembrano - almeno per quanto riguarda il medio-lungo periodo - sotto controllo, intorno al 2,1 per cento. In ogni caso le decisioni continueranno a essere prese “di volta in volta”, «meeting dopo meeting», creando un po’ di contraddizione con l’indicazione dei futuri rialzi. Le anticipazioni dei mercati sono in ogni caso, secondo la Bce, coerenti con quanto potrebbe accadere. La Bce ha anche «preso nota» della flessione dell’euro - 4% in termini effettivo, 12% verso il dollaro - ed è consapevole dell’effetto che, con un certo ritardo, questo calo può avere sull’inflazione. Il cambio, ha però ricordato Lagarde, non è un obiettivo della politica monetaria. La Bce però chiama la politica fiscale, attualmente molto espansiva a collaborare alla lotta contro l’inflazione, riducendo il sostegno alla domanda. Gli interventi per assorbire i rialzi dell’energia dovrebbero allora essere «temporanei» e finalizzati soprattutto a proteggere le famiglie economicamente più debole dalle difficoltà in arrivo. Migliorando l’efficienza della spesa e mantenendo la sostenibilità dei debiti. Le proiezioni sembrano richiedere nuovi passi. Il rientro dell’inflazione, per quanto definito «tempestivo» non sarà però rapidissimo: le proiezioni dello staff della Bce, indicano per quest’anno un’inflazione media dell’8,1%, per il 2023 del 5,5% e per il 2024 del 2,3 per cento. I rischi sono orientati al rialzo. L’inflazione sta intanto già manifestando i suoi effetti sulla crescita attraverso la riduzione del potere d’acquisto: il pil potrà salire quest’anno del 3,1%, il prossimo dello 0,9% e nel 2024 dell’1,9 per cento. La Bce si aspetta ora che la disoccupazione possa aumentare dagli attuali minimi storici. I rischi, in questo caso, sono orientati al ribasso. Uno scenario alternativo, caratterizzato dalla totale interruzione delle forniture di gas russo le previsioni sono invece del 2,9% per quest’anno, nel -0,9% per il prossimo e dell’1,9% per il 2024.

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