La guerra commerciale tiene in scacco i mercati. Spread in calo dopo le rassicurazioni di Tria

Mentre il governo Lega-M5s è nel pieno del lavoro per la prossima Manovra finanziaria, e gli investitori reagiscono positivamente alle rassicurazioni di Tria sulla disciplina dei conti, sui mercati internazionali torna a tenere banco il braccio di ferro commerciale tra Donald Trump e la Cina. Il presidente americano ha fatto capire che è virtualmente pronto a far ricadere sotto la rete dei dazi l'intero import dall'economia asiatica ed è tornato ad esortare i colossi come Apple a produrre in patria e non a Pechino. Parole che hanno riacceso il fronte commerciale, a poche ore da numeri sul mercato del lavoro Usa (arrivati venerdì scorso) ancora in crescita: un nuovo indizio verso il rialzo dei tassi della Federal Reserve. Anzi, a giudicare dalla reazione dei mercati il fatto che i salari siano cresciuti del 2,9% annuo fa alzare le prospettive inflazionistiche e le possibilità di una accelerazione delle normalizzazioni monetarie.

I listini europei aprono in timido rialzo, dopo una giornata contrastata in Asia. Milano è la migliore con un guadagno dello 0,9%. Incerte le altre: Parigi e Francoforte sono poco sotto la parità, Londra poco sopra. "Al momento le posizioni difensive" sui mercati "sono legittimate", ha spiegato Sean Fenton di Tribeca Investment Partners a Bloomberg. Sulla guerra commerciale, "i mercati speravano che arrivasse qualche concessione, con l'approssimarsi delle scadenze" sull'entrata in vigore delle tariffe, "ma c'è effettivamente stata una escalation". Questa mattina, la Borsa di Tokyo ha registrato un rialzo dello 0,3% mettendo così fine a una serie negativa che durava da sei sedute. Altrove le tensioni si sono fatte sentire maggiormente: Shanghai cede nel finale un punto percentuale e Shenzhen l'1,5%. In evidente calo verso la conclusione degli scambi anche Hong Kong (-1,1%), mentre Seul si è mossa in leggera crescita in linea con Tokyo. Piatta Sidney (-0,03% finale.

Anche dal fronte macroeconomico si registrano numeri positivi per l'economia del Giappone, con il Pil del secondo trimestre dell'anno cresciuto dello 0,7%. Il dato è stato rivisto al rialzo rispetto al +0,5% inizialmente reso noto su base trimestrale. Su base annua, la crescita è stata del 3%, rispetto al +1,9% precedentemente comunicato e al +2,6% atteso e al record in oltre due anni. A incidere positivamente, tra le varie componenti, le spese in conto capitale, che sono balzate al valore più alto dal primo trimestre del 2015, al tasso del 3,1%. I prezzi al consumo e alla produzione in Cina sono rimasti fermi ad agosto, sulla scia della guerra commerciale con gli Stati Uniti. L'indice dei prezzi al consumo è però aumentato del 2,3% annuo, sopra le attese e dopo il +2,1% di luglio.

L'euro apre in lieve calo a 1,154 dollari, mentre lo yen è stabile in area 110,9 sul biglietto verde. In attesa della stretta Fed, in settimana la Bce sarà la prima delle grandi Banche centrali a riunire il proprio board, per prendere atto della situazione corrente e stabilire le strategie di breve e medio termine: giovedì 13, al termine dell'incontro, è prevista la consueta conferenza stampa del governatore Mario Draghi. Al quale, in vista di fine mandato nel novembre 2019, potrebbe succedere Erkki Liiknanen, governatore della Banca di Finlandia sempre più indicato come papabile. Lo spread tra Btp e Bundtedeschi, secondo la piattaforma Bloomberg, si riduce verso quota 250 punti base, restringendosi di oltre dieci punti, dopo le parole del titolare della Finanze Giovanni Tria, che da Cernobbio ha rimarcato come non voglia fare nuovo deficit per poi spesare interessi sul debito più alti. Il rendimento del decennale italiano scende al 2,9%.

Il petrolio torna a salire in Asia mentre gli investitori si concentrano sulle future sanzioni statunitensi sul greggio iraniano. Il barile Wti, con consegna a ottobre, è aumentato di 34 centesimi a 68,09 dollari negli scambi elettronici in Asia. Il barile di Brent, riferimento europeo con consegna a novembre, ha guadagnato 45 cent a 77,28 dollari. I mercati sono in attesa di informazioni sulle sanzioni statunitensi sul petrolio iraniano, che dovrebbero entrare in vigore a novembre. L'oro è invece in calo sui mercati. I dati del mercato del lavoro Usa della scorsa settimana, che spingono la Federal Reserve Usa verso una ulteriore stretta monetaria, fanno perdere appeal alle quotazioni, viste come tradizionale bene rifugio. Il metallo con consegna immediata cede così lo 0,2% a 1194 dollari l'oncia.

I commenti sono chiusi